Chiamata del docente invalidata con conflitto d’interesse con commissione

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Chiamata del docente invalidata con conflitto d’interesse con commissione

Con la sentenza n. 323 del 7 agosto 2015, il Tar di Trieste ha annullato gli atti di una procedura
selettiva per la chiamata, effettuata ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della legge 240/2010, per
un posto di professore universitario di II fascia indetta dall’Università degli studi di Udine. Fra i
vari motivi di gravame, accolti dal Tar, vale la pena soffermarsi su quello relativo
all’incompatibilità sussistente fra la candidata risultata vincitrice e uno dei componenti della
commissione, legati da una lunga e costante collaborazione in studi e ricerche che, ad avviso del
ricorrente, trascendeva il mero rapporto docente discente.
Il caso specifico
Il collegio, infatti, ha tenuto in considerazione il fatto che, come risulta dall’elenco delle
pubblicazioni scientifiche possedute, il membro della commissione e la vincitrice della selezione
sono coautori di 54 articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali e in 4 su 5 reviews su
riviste internazionali. Ancora, nell’elenco delle pubblicazioni scientifiche presentate dalla
ricorrente per la selezione, ovvero quelle che la stessa ha offerto in valutazione, la professoressa
membro della commissione e la vincitrice sono coautrici di 16 lavori su 20. Ad avviso del
collegio, tale circostanza è in grado di compromettere la serenità e obiettività del giudizio.
Infatti il «Collegio non ignora che seppure in giurisprudenza è stato affermato che “i rapporti
scaturiti dalla cura delle pubblicazioni scientifiche in comune fra i membri della commissione
d’esame e i candidati non costituiscono di per se soli vizi della procedura concorsuale né
alterano la par condicio fra candidati specie se si considera che nel mondo accademico le
pubblicazioni congiunte sono ricorrenti per il rilievo che assumono come titoli valutabili, nelle
carriere scientifiche dei concorsi”, pur tuttavia, nel caso in specie, l’intensità della collaborazione
scientifica fra la candidata e il membro di commissione sia di per sé ostativa all’espressione da
parte di quest’ultima di un giudizio obiettivo e imparziale, essendo ovviamente assai difficile
che la commissaria non valuti in maniera più che positiva dei lavori per la cui realizzazione ha
offerto il proprio personale contributo scientifico».
La giurisprudenza
Il Tar friulano fa dunque proprio l’assunto del tar Molise nella sentenza del 12 luglio 2012, n. 715,
ovvero che «è evidente che in un concorso pubblico universitario basato sula valutazione
comparativa dei titoli scientifici non può essere priva di rilievo la circostanza che uno dei
commissari sia coautore insieme a uno dei candidati di numerosissimi lavori scientifici proposti
per la valutazione sia la stessa persona a dare una valutazione- sia pure in un giudizio condiviso
da tutta la commissione- sui lavori scientifici di cui essa è coautrice.
A tale conclusione si giunge anche senza dover supporre che fra commissaria e concorrente vi
sia una comunanza di interessi di vita di intensità tale da porre in parentesi la serenità di
giudizio della componente della commissione». Il Collegio, in sostanza, ha condiviso le
considerazioni più volte espresse dal Consiglio di Stato (ex pluris Cons. Stato V, 3133/2012)
secondo cui il conflitto di interessi «si individua nel contrasto tra due interessi facenti capo a
una stessa persona, uno dei quali di tipo istituzionale e l’altro di tipo personale». In questi casi
sussiste un obbligo di astensione la cui ratio «va ricondotta al principio costituzionale
dell’imparzialità dell’azione amministrativa, sancito dall’articolo 97 Costituzione, ma anche
dall’articolo 1 della legge 241/90, a tutela del prestigio dell’Amministrazione che deve essere
posta al di sopra del sospetto di parzialità, e costituisce regola tanto ampia, quanto insuscettibile
di compressione alcuna». La trasparenza dell’agire pubblico deve quindi essere assicurata da
un’azione amministrativa retta dai principi di imparzialità e di buon andamento (ex art. 97
Cost.), oltre che di uguaglianza (ex art. 3 Cost.), imponendo che le Commissioni concorsuali
assolvano i loro compiti in perfetta neutralità, rendendo incompatibile la presenza di un
componente che si trovi in conflitto di interessi.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 18.09.2015

Piano integrato della performance; ecco le linee guida

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Piano integrato della performance; ecco le linee guida

Con la delibera n. 103 del 20 luglio 2015, il consiglio direttivo dell’Anvur ha approvato in via
definitiva le linee guida per la gestione integrata del ciclo della performance delle università
statali e degli enti pubblici di ricerca italiani. Ci sono alcune modifiche rispetto alla versione
del maggio 2015, posta in consultazione fino al 26 giugno scorso
Le novità principali delle linee guida
In particolare le nuove linee guida nel ribadire il forte ancoraggio tra performance e
missioni istituzionali, invitano le amministrazioni a mettere in evidenza eventuali
sovrapposizioni di diversi documenti strategici e i risvolti negativi che da esse dipendono
(paragrafo 4); questa parte del documento è veramente superflua: già si sa che una delle
sovrapposizioni è data dal fatto che nella stessa data va approvato il piano triennale
anticorruzione e questo evidenzia ancora una volta il non coordinamento tra Anac e Anvur.
In merito all’armonizzazione con la programmazione economico-finanziaria, le linee guida
fanno esplicito riferimento alla necessità di descrivere nel Piano integrato effetti e
prospettive per il miglioramento dell’efficienza economica (par. 4): anche in questo caso è
interessante la questione, ma il miglioramento dell’efficienza si può avere a consuntivo
considerando che l’approvazione dei bilanci preventivi e fissata prima della fine dell’anno.
Le linee guida chiariscono poi le ragioni per cui è importante non tralasciare il tema della
valutazione della performance individuale (par. 5.5), ma ormai tutti gli atenei hanno
recepito le impostazioni della legge Brunetta e quindi l’aspetto della performance
individuale sarebbe rilevante se combinato con quella organizzativa. E ancora le linee guida
rinforzano l’importanza di esplicitare la sinergia, reale e potenziale, tra la componente
accademica e quella amministrativa anche nelle strutture decentrate (par. 6): si tratta di
auspici ancora, ma non si ha una vera valutazione delle strutture e men che meno della
componente accademica. Infine le linee guida introducono la richiesta della descrizione di
un assessment iniziale in funzione della pianificazione e della valutazione della gestione
della performance orienta al miglioramento (change management – par. 6.3): ottima
riflessione ma sempre a livello teorico, sono troppo diversi gli atenei rispetto alle
implicazioni del change management.
Il nodo del rapporto tra peformance e anti-corruzione
Tre le altre novità si segnala il fatto che l’ultima versione delle linee guida argomentano in
maniera più compiuta la scelta di considerare il 2016 un anno sperimentale per una
selezione più accurata di indicatori comuni per il benchmarking (par. 7.2). E poi
introducono un esplicito riferimento all’esigenza di dotarsi di un sistema informativo di
supporto al processo di misurazione e valutazione della performance (par. 7.2) ed
estendono l’integrazione con la normativa su trasparenza e anticorruzione alla relazione
sulla performance, seppur nei limiti dovuti a un disallineamento temporale più accentuato
rispetto al Piano Integrato (par. 9). Quest’ultimo è il punto più critico . Se da una parte è
vero che le implicazioni tra i vari aspetti sono reali, gli obiettivi sono diversi. Non è sempre
detto che l’incremento della performance dia un argine all’anticorruzione e comunque gli
obiettivi perseguiti dall’Anac sono diversi visto che tra breve verrà modificato il Piano
nazionale anticorruzione e quindi avremo sicuramente ulteriori implicazioni nei piani
triennali anticorruzione e trasparenza. Le linee guida completano inoltre la descrizione
degli attori del sistema di valutazione affiancando il ruolo fondamentale dalle
amministrazioni alle funzioni valutative svolte da Anvur e dai nuclei-Oiv (par. 10) e
aggiungono riferimenti specifici all’attività di valutazione dei Nuclei-Oiv (descrizione della
struttura tecnica permanente di supporto, proposte di modelli di validazione della
Relazione sulla Performance – par.11). Sulla questione è importante forse uscire dal guado
delle funzioni non ben definite dei Nuclei di Valutazione su questo aspetto. Allo stato,
tranne qualche isolata eccezione, la nascita dei nuclei di valutazione degli atenei risponde
ad esigenze diverse rispetto alle funzioni date dalla legge agli Oiv e non è possibile
superarle estendendo solo le funzioni. Il sistema allo stato non funziona, bisogna ripensare
al metodo di individuazione, alle tipologie di soggetti che li compongono e agli ambiti di
attività che devono essere più ampi e penetranti.
La pubblicazione del piano
La scadenza per la pubblicazione del piano integrato 2016-18 è fissata per legge al 31
gennaio 2016. Sicuramente rispetto alla versione diffusa oltre un mese fa e messa in
consultazione abbiamo un notevole passo avanti anche per effetto dell’attività di
consultazione effettuata dal Codau sul documento pubblicato. Quello che però non si può
non evidenziare è il mancato coordinamento tra diverse autorità. Si pensi al recente
convegno dell’Anac il 14 luglio dove nessun accenno è stato fatto al tentativo di integrazione
posto in essere dall’Anvur, quindi ancora una volta si appalesano nuove attività per gli
atenei. Per l’anno in corso è confermata, inoltre, la scadenza del 15 settembre per la
validazione sulla relazione della performance relativa all’anno 2014 a cura dei nuclei-Oiv
secondo quanto previsto dal Dlgs 150/09.

L’articolo è stato pubblicato su Scuola24 e scritto dal dott. Tedesco il 3 Agosto 2015

 

Nel reclutamento gli Atenei devono seguire le graduatorie

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Nel reclutamento gli Atenei devono seguire le graduatorie

Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato (la n. 2927/2015 ) relativa alla procedura di
chiamata di un ricercatore universitario a tempo determinato, ex articolo 24 L. 240/2010,
conferma che non è possibile considerare l’esito della selezione come un albo degli idonei.
La procedura che nel caso specifico riguardava l’ateneo Federico II di Napoli si era conclusa con
la formulazione di una proposta di chiamata del candidato collocatosi al secondo posto della
graduatoria finale e tale delibera era stata motivata dal Consiglio di Dipartimento in ragione
dell’asserito criterio della maggiore corrispondenza al profilo del soggetto da reclutare . Tale
deliberazione (di proposta di chiamata) e gli altri atti presupposti erano stati impugnati dal
candidato classificatosi al primo posto della graduatoria. In primo grado, il Tar territoriale si era
pronunciato con una sentenza (n. 4237/2014 ) di accoglimento del ricorso riscontrando
l’illegittimità dell’operato dell’ateneo. Secondo il Tar, una volta effettuata la procedura, non è
possibile trattare la graduatoria alla stregua di un albo dal quale attingere, pena la
compromissione dei fondamentali principi di trasparenza, di selettività nell’accesso e di certezza
dei rapporti, ciò per tacere che avallare la tesi sostenuta dalla difesa dell’ateneo determinerebbe
un insanabile contrasto con i principi ispiratori della Carta europea dei ricercatori oltre che con
la ratio sottesa alla riforma. Pertanto aveva ritenuto illegittima la previsione di cui all’articolo 19
del bando di concorso, laddove consentiva al Consiglio di Dipartimento di discostarsi
motivatamente dalla graduatoria, essendo ciò in contrasto con la lettera e la ratio del predetto
articolo 24 della legge n. 240/2010.
In particolare il Regolamento di ateneo sulle procedure di chiamata dei ricercatori non può
essere considerato un “regolamento di delegificazione”, bensì una normale fonte di secondo
grado che, se in contrasto con la norma primaria, ben può essere disapplicata dal giudice
amministrativo anche in assenza di una specifica impugnazione (Consiglio Stato, VI, n. 5098 del
2007 e richiami ivi contenuti). Il principio ribadito da Palazzo Spada si presenta rilevante poiché
specifica nel complesso quadro normativo disegnato dalla legge 240/2010 la tipologia di esito
che deriva a valle della procedura di reclutamento di ricercatore a tempo determinato «a» e «b»
e cioè che si tratta di una vera e propria procedura di selezione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 22.07.2015

Università non statali escluse dagli obblighi dell’anti-corruzione

Mag 13, 2016 | Posted by in Archivio | Commenti disabilitati su Università non statali escluse dagli obblighi dell’anti-corruzione

Una recente sentenza del 15 giugno 2015 del Tar Lazio ha giudicato illegittima la delibera n.
144/2014 adottata in data 7 ottobre 2014, con la quale l’Autorità nazionale anti-corruzione (Anac),
nell’affrontare una serie di questioni riguardanti la recente normativa in materia di obblighi di
trasparenza e pubblicità di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha ritenuto che anche
le Università cosiddette «libere» e cioè le Università non statali legalmente riconosciute siano
assoggettate a tale disciplina, poiché sarebbero comprese nella nozione di «amministrazioni
pubbliche» di cui all’articolo 1, comma 2, del Dlgs 165 del 2001. Il ricorso è stato proposto
dall’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano. In sostanza questo significa che alle
Università cosiddette libere non si applicano gli obblighi di pubblicità e trasparenza di cui al
Dlgs n.33 del 2013, in quanto esse non rientrano nella nozione di amministrazioni pubbliche
La questione della qualificazione pubblica
In base a una lettura del Testo Unico n. 1592 del 1933 conforme al principio di libertà della scuola
di cui all’articolo 33, comma 3, Costituzione, la sentenza avverte che deve escludersi che
l’appartenenza alla categoria di cui al n. 2 dell’articolo 1 del Testo Unico implichi per l’università
cosiddetta “libera” la qualificazione di persona giuridica pubblica. La questione è importante
anche per l’impatto che può avere per le università di cui non può non sfuggire che allo stesso
modo delle Università libere svolgono attività di ricerca ai sensi dell’art.33 della Costituzione e
quindi sarebbe al caso che la stessa autorità evidenziasse bene il ragionamento logico che sta
alla base di questa affermazione. Inoltre le università libere non possono però essere
considerate una volta enti pubblici e per altri aspetti no in quanto altrimenti il sistema non
regge. Ad esempio l’Università di Kore Enna ha natura (quale libera università appartenente alla
categoria di cui al n. 2 dell’articolo 1 T.U. delle leggi sull’istruzione superiore approvato con R.D.
31/08/1933 n. 1592) di persona giuridica di diritto privato, tuttavia dal riconoscimento (sempre
articolo 1 del T.U.) della personalità giuridica non deriva una chiara e netta natura privata della
stessa. Anzi, un’indicazione in senso contrario potrebbe trarsi dalla circostanza che, in passato,
per alcune università vi era stata una espressa qualificazione pubblicistica (vedi a esempio
l’articolo 1 del R.D. n. 1163/39 per l’Università Cattolica del sacro Cuore) sicché inevitabile appare
il ricorso ai cosiddetti indici sintomatici, e in riferimento all’Università Pro Deo il principio di
pubblicità è stato enunciato dalla sentenza 9/11/1974 n. 3480 delle Sezioni unite civili della
Corte di Cassazione sulla base di indicatori, tratti dalla normativa positiva, ritenuti sufficienti
per configurare, attraverso una sostanziale equiparazione nella natura e nelle finalità delle
università libere alle università statali, un rapporto di ausiliarietà con lo Stato. Certamente non
può negarsi la figura un Organismo di diritto pubblico, e come tale un’«amministrazione
aggiudicatrice» ai sensi dell’articolo 3, comma 15, del Dlgs 163/2006 in attuazione della
sopravvenuta direttiva 18/2004/CE assoggettata alle regole dettate dal Dlgs 157/1995, poiché
presenta i tre requisiti individuati dal diritto comunitario: a) la personalità giuridica; b) il
soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale;
c) la sottoposizione ad influenza pubblica. Detta circostanza non significa però che tale soggetto
associativo sia ontologicamente omologabile, ad ogni effetto, a una «Pubblica
amministrazione», ossia ad una persona giuridica pubblica non ordinata in forma societaria o
associativa e che svolge le proprie funzioni con modalità di tipo prevalentemente autoritativo.
Deve essere precisata la natura dell’Università
Sempre lo stesso articolo 3 del Dlgs n. 163/2006 ben distingue al suo comma 25, all’interno della
categoria delle «amministrazioni aggiudicatrici» (a sua volta anch’essa confluente nella più
generale nozione di «enti aggiudicatrici») le «amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici
territoriali». È un ente assoggettato al controllo della Corte dei Conti per fatti di gestione ai sensi
dell’art. 1 e 3 della L. n. 20/1994, in considerazione che sulla scorta della già citata
giurisprudenza costituzionale, per la devoluzione di fattispecie alla giurisdizione della Corte dei
Conti, il “discrimen” della giurisdizione contabile risiede nella natura pubblica delle risorse
finanziarie di cui esso si avvale, avendo il legislatore del 1994 inteso tutelare il patrimonio
pubblico. Pertanto non si può solo per i fini della trasparenza escludere l’Università libera dal
novero delle amministrazioni pubbliche. Alla fine che applicazione si ha del precetto
legislativo?.Forse sarebbe il caso di intervenire a precisare la particolare natura delle Università
all’interno del panorama pubblico italiano e quindi con riferimento alla delibera n.144 prevedere
la corretta applicazione. Non si possono fare norme astratte e generali ma spiegare l’obiettivo
del legislatore all’interno di un contesto, quello delle università, la cui legge fondamentale
continua ad essere lo statuto che è diverso in tutti gli atenei ed è espressione dell’autonomia
riconosciuta dalla Costituzione.

Le università alla prova del codice degli appalti

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Le università alla prova del codice degli appalti

Il Dlgs 50 del 19 aprile scorso ha introdotto il nuovo codice degli appalti non senza qualche
problema di successione delle nuove disposizioni con quelle del precedente codice e soprattutto
con le procedure in corso alla data di emanazione.
L’entrata in vigore
Con un comunicato congiunto del 22 aprile scorso, il ministero delle Infrastrutture e l’Autorità
nazionale anticorruzione hanno fornito alle Pa le indicazioni in cui si precisa che «La nuova
disciplina in materia di contratti pubblici… come previsto dall’art. 216 dello stesso, si applica alle
procedure ed ai contratti per i quali i bandi … con cui si indice la procedura … siano pubblicati a
decorrere dal 19 aprile 2016, data di entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici».
Un successivo comunicato dell’Anac in data 3 maggio annuncia che, tenuto conto delle
segnalazioni ricevute, in considerazione del principio generale di cui all’articolo 11 delle preleggi
al codice civile ed all’esigenza di tutela della buona fede delle stazioni appaltanti, la decorrenza
del nuovo codice riguarda bandi e avvisi pubblicati a partire dal 20 aprile. Questo perché
nonostante nel nuovo codice sia presente l’art. 220 che prevede che «il presente codice entra in
vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale» e l’art. 216 che a sua volta
stabilisce che il codice «si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi con cui si indice
la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata
in vigore», si è ritenuto che non fosse sufficiente per individuare il discrimine temporale di
applicazione di vecchio e nuovo codice e che quindi vi fosse incertezza in materia tanto da
richiedere un intervento sollecito chiarificatore. La questione non è di lana caprina se si pensa
che proprio il 19 aprile sono stati pubblicati molti bandi delle pubbliche amministrazioni e anche
di Università e quindi una decorrenza del nuovo codice dal giorno successivo avrebbe consentito
di gestirli secondo le precedenti disposizioni del Dlgs 163/2006.
L’intervento dell’Anac
Le novità del nuovo codice sono numerose e in alcuni casi non del tutto convincenti visto anche
l’elenco di norme abrogate, di quelle che sopravvivono e delle questioni già indicate di diritto
transitorio mentre resta ancora vigente il regolamento attuativo di cui al Dpr 207/2010 fino a
completa attuazione della nuova normativa. È lo stesso codice che demanda all’Anac, all’art. 213,
comma 2, un ruolo di regolazione di dettaglio, cosiddetta soft-regulation, a favore delle stazioni
appaltanti, imprese esecutrici, organismi di attestazione, su tutti gli aspetti che richiedono un
approfondimento e una definizione di dettaglio. Di conseguenza l’Anac, ha già avviato sul
proprio sito istituzionale, il 28 aprile scorso, una consultazione relativa a 7 documenti guida che
le pubbliche amministrazioni dovranno seguire nell’esecuzione di procedure di acquisizione ed
esecuzione lavori. Si tratta in particolare dei seguenti temi:
– Il Direttore dei Lavori: modalità di svolgimento delle funzioni di direzione e controllo tecnico,
contabile e amministrativo dell’esecuzione del contratto (art. 111, comma 1, del Codice);
– Il Direttore dell’esecuzione: modalità di svolgimento delle funzioni di coordinamento,
direzione e controllo tecnico-contabile dell’esecuzione del contratto (art. 111, comma 2, del
Codice);
– Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti
e concessioni (art. 31 del Codice);
– Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza
comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici
(art. 36 del Codice);
– Offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95 del Codice);
– Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale
– Servizi di ingegneria e architettura (artt. 23, 24 e 157 del Codice).
Le pubbliche amministrazioni avranno quindi tempo fino alle ore 12 del giorno 16 maggio
2016 per inviare i propri suggerimenti, peraltro richiesti esplicitamente in più parti dei
documenti citati, tramite la compilazione di un apposito modulo che verrà messo a disposizione
dall’Autorità. Si evidenziano già le difficoltà delle pubbliche amministrazioni (visto il ristretto
tempo concesso per inviare suggerimenti) non sapendo ancora esattamente in che termini si
possa incidere sui vari aspetti indicati. Dalla lettura dei primi documenti pubblicati dall’Anac si
evince chiaramente l’intenzione di adottare una regolamentazione snella ed efficace anche se
ancora non abbiamo chiaro la capacità con cui le diverse pubbliche amministrazioni riusciranno
a recepire le linee guida dell’Autorità mutuando l’esperienza del precedente codice. Anche se si
avrà modo successivamente di analizzare i singoli dettagli di ciascuna specifica tematica
proposta dalle linee guida, già ora ne emerge complessivamente un quadro ancora in fase di
composizione in cui l’Autorità giocherà un ruolo fondamentale nelle scelte di impostazione e
regolazione del sistema.

L’articolo è stato pubblicato su Scuola24 e scritto dal dott. Tedesco e dal dott. Domenicali