Università alle prese con gli obblighi di trasparenza

Mag 13, 2016 | Posted by in Archivio | Commenti disabilitati su Università alle prese con gli obblighi di trasparenza

Con la delibera n. 144 del 7 ottobre scorso, l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac),
ridefinisce, tornando di nuovo sull’argomento – si veda la delibera n. 65/2013 della ex Civit
assolutamente non risolutiva per le Università – l’ambito soggettivo di applicazione degli
obblighi di pubblicità delle informazioni relative alle pubbliche amministrazioni includendo le
Università statali e quelle non statali, di cui al decreto legislativo n. 33/2013, meglio conosciuto
come il decreto trasparenza.
Gli organi coinvolti
L’organo di indirizzo politico – nel caso delle università statali – secondo la delibera è
identificato nelle figure del rettore e del consiglio di amministrazione mentre resta da stabilire,
da parte di ogni ateneo, l’eventuale esclusione del Senato accademico in caso di ruolo
meramente consultivo, sulla base delle funzioni attribuite dai singoli statuti. Anzi, per le
università l’Autorità si spinge a precisare che non può non essere indicato il Cda trattandosi
normalmente di organo elettivo. Secondo la delibera si tratta di organi eletti dalle rispettive
comunità accademiche, che esprimono un notevole grado di “politicità”.

Per approfondire l’articolo si prega di cliccare qua sotto

Approfondimenti_Università_Dal rettore ai Cda_ universitari alle prese con gli obblighi di trasparenza

Tutti gli adempimenti delle Università, a partire dai dati su entrate e spese

Mag 13, 2016 | Posted by in Approfondimenti, Università | Commenti disabilitati su Tutti gli adempimenti delle Università, a partire dai dati su entrate e spese

Sulla «Gazzetta Ufficiale» del 14 novembre 2014 n. 265 è stato pubblicato il decreto del
presidente del consiglio dei ministri 22 settembre 2014 che definisce gli schemi e le modalità di
pubblicazione su Internet dei dati relativi alle entrate e alla spesa dei bilanci preventivi e
consuntivi e dell’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti delle pubbliche
amministrazioni.
Cosa prevede il decreto
Il decreto applica quanto definito nel Dlgs 33/2013 – il cosiddetto decreto trasparenza – e in
particolare all’articolo 29, come da ultimo modificato dal Dl n. 66/2014, convertito nella legge n.
89/2014. Il Dpcm chiarisce che le amministrazioni, siano esse in contabilità finanziaria o
economica, pubblicano nella sezione «Amministrazione trasparente/Bilanci» i dati relativi a
entrate e spese secondo gli schemi contenuti nell’allegato al Dpcm, in un formato tabellare di
tipo aperto che ne consenta l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo come prescritto
dall’articolo 7 . Sono definiti anche gli schemi e le regole per la pubblicazione dei dati relativi alle
entrate e alla spesa dei bilanci preventivi e consuntivi delle amministrazioni centrali e locali
compreso il Ssn e le altre amministrazioni interessate. Con riferimento alle Università, l’articolo
2 prevede che le amministrazioni in contabilità economica pubblicano i ricavi-proventi e i costi,
così come rilevati nel proprio budget e nel bilancio di esercizio. Si evince in modo chiaro che gli
atenei devono svolgere un’attività specifica ulteriore alla semplice pubblicazione del bilancio che
sicuramente impegnerà gli uffici preposti in considerazione del fatto che lo schema previsto per
la pubblicazione non coincide con quello specifico per il settore universitario allegato al Dm 14
gennaio 2014, n. 19 sulla base del quale sono tenuti ad approvare i loro bilanci. Sulla base dei
dati rilevati, bisognerà poi calcolare un indicatore annuale dei propri tempi medi di pagamento
per l’acquisto di beni, servizi e forniture e pubblicarlo nella sezione «Amministrazione
trasparente/pagamenti dell’amministrazione» entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello
di riferimento.
Indicatore trimestrale dal 2015
Dal 2015, andrà elaborato anche l’indicatore trimestrale e pubblicato entro il 30mo giorno
successivo alla fine del trimestre di riferimento. L’indicatore è utile ai fini del monitoraggio dei
tempi medi di pagamento da parte delle Pa. In proposito, si ricorda che il Dl 66/2014 ha
rafforzato l’impianto sanzionatorio collegato ai ritardi di pagamento già previsto dal Dlgs n.
231/2002, come modificato dal Dlgs n. 192/2012 di recepimento della direttiva «late payment».
In particolare, il decreto ha previsto il blocco delle assunzioni per le Pa che registrino tempi
medi di pagamento superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 a partire dal 2015 rispetto a quelli
ordinari previsti dalla direttiva «late payment» (di norma 30 giorni). È dunque auspicabile un
intervento del ministero dell’Università che possa dare indicazioni per l’attuazione in modo
uniforme oltre ad un coinvolgimento diretto dei soggetti che supportano gli stessi atenei con i
propri sistemi gestionali di contabilità.
L’indicatore dei pagamenti
In concreto, il decreto del 22 settembre 2014 prevede per tutte le amministrazioni comprese, le
Università, innanzitutto modalità e tempi di calcolo dell’indicatore: la somma dei giorni effettivi
di pagamento per ciascuna fattura emessa – ossia quelli intercorsi tra la data di scadenza della
fattura e la data di pagamento compresi i festivi – deve essere moltiplicata per l’importo
complessivo dovuto (inclusi oneri, imposte, tasse e dazi). Tale valore deve poi essere rapportato
agli importi effettivamente pagati dalla Pa nel periodo di riferimento. L’indice deve essere
calcolato annualmente e a partire dal 2015 anche trimestralmente (commi 2 e 3 dell’art.9). Va poi
garantita la pubblicità dell’indicatore: le Pa devono pubblicare, sui propri siti istituzionali, il
valore dell’indice annuale entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, e il
valore di quello trimestrale entro 30 giorni dalla conclusione del trimestre.
Il nodo uniformità
Resta da capire da una parte come ricondurre ad uniformità le attività di tutti gli atenei che non
hanno ancora adottato la contabilità economica e dall’altra come avviare all’interno di ogni
ateneo l’applicazione delle nuove disposizioni, per evitare che si insinui la sola cultura
dell’adempimento conseguenza dell’ennesimo dato da elaborare e pubblicare. A tal fine sarebbe
anche utile un periodo di avviamento delle nuove norme per adattare i sistemi gestionali
contabili di ciascun ateneo e addestrare i singoli operatori, tenuto conto che, alla data del 31
marzo 2015 scatterà l’obbligo di fatturazione elettronica previsto dal Dm 55/2013.

L’articolo è stato scritto dal dott. Tedesco e dal dott. Domenicali e pubblicato su Scuola24 in data 04.12.2014

Anti-corruzione; il termine del 2014 per pubblicare la relazione

Mag 13, 2016 | Posted by in Approfondimenti, Università | Commenti disabilitati su Anti-corruzione; il termine del 2014 per pubblicare la relazione

Entro la fine dell’anno, i responsabili anti-corruzione devono pubblicare sul sito internet
dell’ateneo la relazione sulle attività svolte e sull’applicazione delle norme e del piano per la
prevenzione della corruzione. La relazione deve essere redatta sulla base del modello dettato
dall’Autorità nazionale anti corruzione (Anac), reso noto solo venerdì 12 dicembre. Anche in
questo caso si può evidenziare una certa meccanicità nell’adempimento poiché la stessa Autorità
richiede lo stesso adempimento per tutte le amministrazioni, nello stesso formato predisposto,
senza modifiche e senza tenere conto della specificità del sistema universitario.
Non si richiede invece l’approvazione della relazione da parte dell’organo di indirizzo politico
che resta un atto proprio ed esclusivo del Responsabile della prevenzione della corruzione. La
relazione costituisce un passaggio preliminare assai rilevante in vista dell’approvazione del
prossimo piano anti-corruzione, che ricordiamo, deve essere approvato, per il triennio
2015/2017, da parte dell’organo di indirizzo politico su proposta del Responsabile
anti-corruzione, entro il 31 gennaio 2015.

Il contenuto

Lo schema di Relazione è suddiviso in tre parti. Sul link seguente è possibile comprendere quali siano queste tre parti.

Approfondimenti_Università_Anticorruzione_ ultimi giorni per pubblicare la relazione sul sito dell’universita

L’articolo è stato scritto dal dott. Tedesco e pubblicato su Scuola24 il 23.12.2014

 

Abilitazione nazionale; le commissioni devono valutare ogni elemento

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Abilitazione nazionale; le commissioni devono valutare ogni elemento

Ancora un altro intervento nella tormentata vicenda delle abilitazioni scientifiche nazionali:
questa volta si interviene a sanzionare la manca valutazione analitica delle pubblicazioni da
parte dei commissari. In particolare esiste la violazione dell’articolo 8, comma 4, del decreto di
indizione della procedura per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo
dei professori universitari (Dpr n. 222\2011) – che prescrive una valutazione “analitica” delle
pubblicazioni scientifiche e dei titoli presentati – ove i giudizi si limitino a formulare la
valutazione finale per ciascuna categoria di elementi presi in considerazione, senza individuare
singolarmente alcuno di essi.
Il reclutamento
Si ricorda che la legge 240/2010 stabilisce una nuova disciplina per il reclutamento dei
professori universitari di prima e seconda fascia. Si introduce, in primo luogo, l’abilitazione
scientifica nazionale e, quindi, si regola il concorso di sede per l’effettivo inquadramento.
Il ministro, con nota circolare 754 del 2013 (indirizzata alle commissioni), aveva ricordato: «La
valutazione complessiva del candidato (…) deve fondarsi sull’analisi della produzione scientifica
dello stesso. Il superamento degli indicatori numerici specifici non è fattore di per sé sufficiente
ai fini del conseguimento dell’abilitazione. Di norma, infatti, l’abilitazione deve essere attribuita
dalle commissioni esclusivamente ai candidati che abbiano soddisfatto entrambe le condizioni
(giudizio di merito e superamento degli indicatori di impatto della produzione scientifica).
Tuttavia, come previsto dall’articolo 6, comma 5, le commissioni possono discostarsi da tale
regola generale. Ciò significa che le commissioni possono non attribuire l’abilitazione a
candidati che superano le mediane prescritte per il settore di appartenenza, ma con un giudizio
di merito negativo della commissione, ovvero possono attribuire l’abilitazione a candidati che,
pur non avendo superato le mediane prescritte, siano valutati dalla commissione con un
giudizio di merito estremamente positivo.
L’obbligo di motivazione
Resta fermo che ogni decisione della commissione, relativamente a quanto precede, dovrà
essere rigorosamente motivata secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 5, del citato
decreto e nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 3, comma 3, del medesimo decreto, sia in
sede di predeterminazione dei criteri che di giudizio finale».
È infatti vero che tale prescritta analiticità deve tenere conto dell’elevato numero di candidati
partecipanti alla procedura e, inoltre, del numero di pubblicazioni e titoli che ogni commissione
deve valutare per ciascuno di essi (attesa la prescrizione di produrre le pubblicazioni rilevanti
per esteso). Ma è altresì necessario che ciascuno dei candidati possa avere sicura contezza
dell’avvenuta valutazione delle sue opere e della ragione per cui esse non sono state ritenute
degne di giudizio positivo. Occorre, quindi, che le commissioni espongano in modo chiaro,
completo e sintetico le ragioni di idoneità o non idoneità all’abilitazione, fondate sulla analitica
valutazione degli elementi di giudizio. Si veda ancora a questo proposito anche la sentenza Tar
Lazio n.8552 del 22 giugno 2015 che ancora una volta ribadisce lo stesso principio. Si evidenzia
ancora una volta il difficile contemperamento tra numero di candidati, lavoro delle commissioni
giudicatrici e metodi di valutazione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 12.10.2015

Chiamata del docente invalidata con conflitto d’interesse con commissione

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Chiamata del docente invalidata con conflitto d’interesse con commissione

Con la sentenza n. 323 del 7 agosto 2015, il Tar di Trieste ha annullato gli atti di una procedura
selettiva per la chiamata, effettuata ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della legge 240/2010, per
un posto di professore universitario di II fascia indetta dall’Università degli studi di Udine. Fra i
vari motivi di gravame, accolti dal Tar, vale la pena soffermarsi su quello relativo
all’incompatibilità sussistente fra la candidata risultata vincitrice e uno dei componenti della
commissione, legati da una lunga e costante collaborazione in studi e ricerche che, ad avviso del
ricorrente, trascendeva il mero rapporto docente discente.
Il caso specifico
Il collegio, infatti, ha tenuto in considerazione il fatto che, come risulta dall’elenco delle
pubblicazioni scientifiche possedute, il membro della commissione e la vincitrice della selezione
sono coautori di 54 articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali e in 4 su 5 reviews su
riviste internazionali. Ancora, nell’elenco delle pubblicazioni scientifiche presentate dalla
ricorrente per la selezione, ovvero quelle che la stessa ha offerto in valutazione, la professoressa
membro della commissione e la vincitrice sono coautrici di 16 lavori su 20. Ad avviso del
collegio, tale circostanza è in grado di compromettere la serenità e obiettività del giudizio.
Infatti il «Collegio non ignora che seppure in giurisprudenza è stato affermato che “i rapporti
scaturiti dalla cura delle pubblicazioni scientifiche in comune fra i membri della commissione
d’esame e i candidati non costituiscono di per se soli vizi della procedura concorsuale né
alterano la par condicio fra candidati specie se si considera che nel mondo accademico le
pubblicazioni congiunte sono ricorrenti per il rilievo che assumono come titoli valutabili, nelle
carriere scientifiche dei concorsi”, pur tuttavia, nel caso in specie, l’intensità della collaborazione
scientifica fra la candidata e il membro di commissione sia di per sé ostativa all’espressione da
parte di quest’ultima di un giudizio obiettivo e imparziale, essendo ovviamente assai difficile
che la commissaria non valuti in maniera più che positiva dei lavori per la cui realizzazione ha
offerto il proprio personale contributo scientifico».
La giurisprudenza
Il Tar friulano fa dunque proprio l’assunto del tar Molise nella sentenza del 12 luglio 2012, n. 715,
ovvero che «è evidente che in un concorso pubblico universitario basato sula valutazione
comparativa dei titoli scientifici non può essere priva di rilievo la circostanza che uno dei
commissari sia coautore insieme a uno dei candidati di numerosissimi lavori scientifici proposti
per la valutazione sia la stessa persona a dare una valutazione- sia pure in un giudizio condiviso
da tutta la commissione- sui lavori scientifici di cui essa è coautrice.
A tale conclusione si giunge anche senza dover supporre che fra commissaria e concorrente vi
sia una comunanza di interessi di vita di intensità tale da porre in parentesi la serenità di
giudizio della componente della commissione». Il Collegio, in sostanza, ha condiviso le
considerazioni più volte espresse dal Consiglio di Stato (ex pluris Cons. Stato V, 3133/2012)
secondo cui il conflitto di interessi «si individua nel contrasto tra due interessi facenti capo a
una stessa persona, uno dei quali di tipo istituzionale e l’altro di tipo personale». In questi casi
sussiste un obbligo di astensione la cui ratio «va ricondotta al principio costituzionale
dell’imparzialità dell’azione amministrativa, sancito dall’articolo 97 Costituzione, ma anche
dall’articolo 1 della legge 241/90, a tutela del prestigio dell’Amministrazione che deve essere
posta al di sopra del sospetto di parzialità, e costituisce regola tanto ampia, quanto insuscettibile
di compressione alcuna». La trasparenza dell’agire pubblico deve quindi essere assicurata da
un’azione amministrativa retta dai principi di imparzialità e di buon andamento (ex art. 97
Cost.), oltre che di uguaglianza (ex art. 3 Cost.), imponendo che le Commissioni concorsuali
assolvano i loro compiti in perfetta neutralità, rendendo incompatibile la presenza di un
componente che si trovi in conflitto di interessi.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 18.09.2015